lunedì 15 luglio 2013

Antitrust: avvia istruttoria verso Consiglio forense su tariffe minime

L'Antitrust ha deciso di avviare un'istruttoria per verificare se il Consiglio Nazionale Forense abbia messo in atto due distinte intese finalizzate a limitare l'autonomia dei singoli avvocati nella determinazione dei compensi e nella ricerca di nuova clientela.

Alla base della decisione dell'Antitrust, si legge in una nota, due distinti comportamenti messi in atto dal CNF: la pubblicazione, sul sito istituzionale del Consiglio, delle tariffe ministeriali, ormai abrogate, accompagnate da una circolare emanata nel 2006 in base alla quale l'avvocato che richiede un compenso inferiore al minimo tariffario puo' comunque essere sanzionato in base al Codice Deontologico.

Secondo l'Autorita' il comportamento del CNF non troverebbe giustificazione neanche nei 'parametri' citati dall'articolo 13 della riforma forense del 2012 visto che tali parametri non possono comunque trasformarsi in tariffe minime obbligatorie. Il secondo riguarda il parere reso dal Consiglio in base al quale l'utilizzo, da parte degli avvocati, di siti internet che propongono ai consumatori associati sconti sulle prestazioni professionali, confligge con il divieto di accaparramento della clientela sancito dall'art. 19 del codice deontologico forense.

Secondo l'Antitrust tale parere, inibendo l'impiego di un nuovo canale di distribuzione e stigmatizzando l'offerta di servizi incentrata sulla convenienza economica, potrebbe essere idoneo a limitare la concorrenza tra professionisti. 

Il parere era stato rilasciato a proposito della piattaforma Amica Card, circuito a disposizione di aziende e professionisti (tra cui avvocati) che intendono promuovere i propri servizi tramite internet, a fronte del pagamento di un canone mensile; i consumatori-utenti, sottoscrivendo (gratuitamente o a pagamento) la tessera AmicaCard, possono acquistare, a condizioni agevolate, i servizi reclamizzati sul circuito direttamente dai professionisti ad esso aderenti.

L'istruttoria dovra' concludersi entro il 31 ottobre 2014.


venerdì 10 maggio 2013

L'Antitrust ha multato Telecom Italia per abuso di posizione dominante nelle infrastrutture di rete con una sanzione complessiva di 103,794 milioni di euro. Telecom Italia, si legge in una nota dell'Authority, «ha abusato, con due distinti comportamenti, della posizione dominante detenuta nella fornitura dei servizi di accesso all'ingrosso alla rete locale e alla banda larga, ostacolando l'espansione dei concorrenti nei mercati dei servizi di telefonia vocale e dell'accesso ad internet a banda larga». 

L'Antitrust ha diffidato la società dal ripetere in futuro tali comportamenti sanzionandola con una multa complessiva di 103,794 milioni. 

Immediata la reazione: Telecom, in una nota, dichiara che ha sempre garantito la parità di accesso alla rete a tutti gli operatori. La società annuncia che presenterà ricorso al Tar contro la sanzione da 103 milioni dell'Antitrust. A conferma di ciò, Telecom ha sottolineato che «nei tre anni successivi all'introduzione del nuovo assetto si è registrata la continua crescita delle quote di mercato» degli altri operatori »sia nell'accesso fisso voce sia nel broadband».
Al termine dell'istruttoria avviata il 23 giugno 2010, l'Antitrust ha stabilito che l'abuso di Telecom si è realizzato attraverso due distinte condotte. Nel primo caso, si legge nella nota, la società ha opposto ai concorrenti un numero "ingiustificatamente" elevato di rifiuti di attivazione dei servizi all'ingrosso, i cosiddetti KO. "Dai dati emersi nel corso dell'istruttoria - spiega l'Antitrust - risulta che Telecom, nell'esercizio della propria discrezionalità, ha trattato gli ordinativi provenienti dagli altri operatori in modo discriminatorio rispetto a quelli provenienti dalle proprie divisioni interne".

«Attraverso tali comportamenti - prosegue la nota - Telecom ha ostacolato l'accesso dei concorrenti all'infrastruttura, sia nel caso della fornitura di servizi su linea attiva, sia nel caso della fornitura di servizi su linea non attiva. Ciò ha di fatto reso significativamente più difficoltoso per gli altri operatori, il processo di attivazione dei servizi di accesso alla rete rispetto alle divisioni interne di Telecom».

Per questa infrazione l'Autorità ha deliberato una sanzione di 88,182 milioni, che tiene conto delle attenuanti riconosciute a Telecom per le diverse attività avviate a partire dal 2009 per migliorare le procedure di accesso ai concorrenti e delle perdite di esercizio e della circostanza aggravante della recidiva (Telecom è stata già condannata per abuso di posizione dominante in relazione a comportamenti sostanzialmente escludenti).

Telecom ha inoltre attuato, spiega l'Antitrust, «una politica di scontistica alla grande clientela business per il servizio di accesso al dettaglio alla rete telefonica fissa, tale da non consentire a un concorrente, altrettanto efficiente, di operare in modo redditizio e su base duratura nel medesimo mercato». In sostanza Telecom, si legge, ha disegnato una politica tariffaria per la grande clientela business contraddistinta, quanto meno per il periodo 2009-2011, dalla capacità, dati i costi di accesso alla rete praticati agli altri operatori, di comprimere i margini dei concorrenti altrettanto efficienti, con effetti restrittivi della concorrenza sul mercato al dettaglio dei servizi di accesso alla clientela non residenziale.

Gli sconti praticati alla clientela sono stati infatti indirizzati selettivamente ai clienti che ricorrono a procedure di selezione del fornitore e che sono collocati in aree aperte alla concorrenza, ove è disponibile il servizio di accesso al tratto finale di rete verso il cliente (cosiddetto unbundling del local loop).

L'analisi dell'Antitrust ha dimostrato che Telecom non sarebbe stata in grado di offrire i servizi al dettaglio ai prezzi praticati senza subire perdite se avesse sostenuto i costi all'ingrosso praticati ai concorrenti. Per questa condotta l'Autorità ha deliberato una sanzione di 15,612 milioni che tiene conto di un'aggravante connessa alla recidiva, poiché Telecom è stata già condannata per abuso di posizione dominante in relazione a comportamenti sostanzialmente analoghi e, come attenuante, delle perdite in bilancio della società.

mercoledì 6 marzo 2013

L'Antitrust multa Microsoft per 561 milioni di euro


Per la Microsoft è arrivata una nuova multa milionaria. La società fondata da Bill Gates è stata nuovamente sanzionata dall'Antritrust di Bruxelles: dovrà versare 561 milioni per avere disatteso gli impegni sulla libera scelta dei browser.

Microsoft si era impegnata nel 2009, conclusa un'indagine della Commissione Ue, a offrire la possibilità di scegliere quale software utilizzare per navigare su internet dal proprio computer. In seguito l'Antitrust aveva stabilito che tra maggio 2011 e luglio 2012 la società era venuta meno agli impegni presi.

Joaquin Almunia, commissario alla Concorrenza, ha spiegato come la "inchiesta sul sospetto di posizione dominante da parte di Microsoft sui legami tra Internet Explorer e Windows" si è chiusa ed è stata seguita da impegni presi dall'azienda. Che "vanno però mantenuti". E "se vengono disattesi si verifica una seria violazione che va sanzionata di conseguenza".

domenica 13 gennaio 2013

Agel: multa di 250 mila euro per vendita di integratori con diciture non autorizzate attraverso metodo piramidale


Una delle più gravi sanzioni inflitte dall’Antitrust nel 2012 riguarda Agel Italy Srl, una società specializzata nelle vendita di integratori alimentari e altri prodotti con un sistema di vendita piramidale.
La multa di 250.000 euro è però curiosamente sfuggita ai riflettori della stampa.

Agel Italy Srl, a differenza dei grandi gruppi finiti sotto le forche caudine dell’Antitrust, non espone i propri prodotti in supermercati, farmacie e para-farmacie, erboristerie o altri pubblici esercizi, ma utilizza una rete di vendita informale. In questa struttura chiunque può assumere il ruolo di distributore e fare carriera, organizzando a sua volta una rete di venditori senza affrontare investimenti paragonabili a quelli richiesti per l’apertura di un esercizio.

Basta un po’ d’iniziativa, per organizzare incontri anche presso le proprie abitazioni e vendere servizi o prodotti alimentari, piuttosto che erboristici o cosmetici, o quant’altro. I guadagni sono proporzionali al tipo di prodotto venduto ma anche al “livello” raggiunto da ciascun distributore nella gerarchia dei venditori.

Si tratta di un sistema che gli addetti ai lavori chiamano Multi-Level Marketing (MLM). Purtroppo il metodo non è definito nella legislazione italiana, che tuttavia vieta espressamente i sistemi di vendita basati sugli schemi piramidali – noti anche come catene di Sant’Antonio – ove i guadagni derivano dal reclutamento di altri soggetti, anziché dalla vendita vera e propria di beni o servizi (1).
Senza dimenticare l’obbligo, per chiunque produca o commercializzi prodotti alimentari (2), di registrarsi presso la ASL competente (3).

La prima censura dell’Antitrust riguarda il sistema di vendita utilizzato da Agel Italy che – sulla base degli elementi e dei dati raccolti – é basato sul reclutamento di altri consumatori, destinati ad ampliare la rete di vendita sul modello di una struttura a carattere piramidale.

Ma l’attenzione delle Autorità, in particolare del Ministero della salute che ha segnalato il caso, è stata sollecitata dalla presenza di claims salutistici non autorizzati nel materiale promozionale degli integratori alimentari firmati Agel:
- il prodotto denominato UMI contiene il fucoidan, una sostanza estratta da un’alga giapponese che avrebbe rivelato in vitro una probabile capacità di bloccare la proliferazione di cellule cancerogene. Il prodotto dovrebbe in ogni caso venire sottoposto alla legislazione sui medicinali, laddove si intendesse promuove una funzione curativa,
- il prodotto HRT, che nella lista degli ingredienti riporta Pleurotus Ostreatus 45 (un fungo), L-carnitina, taurina, policosanolo e coenzima Q10, era invece pubblicizzato come capace di stabilizzare il colesterolo ematico, in assenza dei requisiti di legge.

L’Autorità Garante non ha ancora considerato queste “voci nella rete”, le quali potrebbero venire inquadrate nel campo di applicazione del regolamento claims (4), e assoggettate alla relativa vigilanza, laddove qualificate come “informazione commerciale”.