In base al Codice del consumo (articoli da 18 a 27 e art. 37 bis) e alle disposizioni contenute nel decreto legislativo 2 agosto 2007, n. 145, l’Autorità è chiamata a tutelare:
a) i consumatori e le microimprese rispetto alle pratiche commerciali scorrette poste in essere dai professionisti ai loro danni;
b) i professionisti riguardo alla pubblicità ingannevole e comparativa illecita posta in essere dai concorrenti;
c) i consumatori contro le clausole vessatorie.
PRATICA COMMERCIALE SCORRETTA
Per “pratica commerciale” si intende qualsiasi azione, omissione, condotta, dichiarazione o comunicazione commerciale, ivi compresa la pubblicità diffusa con ogni mezzo (incluso il direct marketing e la confezione dei prodotti) e il marketing, che un professionista pone in essere in relazione alla promozione, alla vendita o alla fornitura di beni o servizi ai consumatori. La pratica commerciale è scorretta quando, in contrasto con il principio della diligenza professionale, falsa o è idonea a falsare in misura apprezzabile il comportamento economico del consumatore medio che raggiunge o al quale è diretta. Il Codice del consumo distingue le pratiche commerciali ingannevoli e aggressive.
Le prime (articoli 21-23 del Codice del consumo) sono idonee a indurre in errore il consumatore medio, falsandone il processo decisionale. L’induzione in errore può riguardare il prezzo, la disponibilità sul mercato del prodotto, le sue caratteristiche, i rischi connessi al suo impiego. L’Autorità considera illecite anche le pratiche che inducono il consumatore a trascurare le normali regole di prudenza o vigilanza relativamente all’uso di prodotti pericolosi per la salute e la sicurezza o che possano, anche indirettamente, minacciare la sicurezza di bambini o adolescenti.
Se l’impresa agisce con molestie, coercizione o altre forme di indebito condizionamento, il suo comportamento è considerato aggressivo (articoli 24-26 del Codice del consumo). L’aggressività di una pratica commerciale dipende dalla natura, dai tempi, dalle modalità, dall’eventuale ricorso alle minacce fisiche o verbali.
Il Codice del consumo indica le pratiche commerciali che devono essere considerate in ogni caso ingannevoli o aggressive. Sono di per sé ingannevoli, ad esempio, i comportamenti attraverso i quali l’operatore economico promette di vendere un prodotto a un certo prezzo e poi si rifiuta di accettare ordini per un certo periodo di tempo; afferma, contrariamente al vero, di avere ottenuto tutte le autorizzazioni; dichiara, per indurre in errore sulla particolare convenienza dei prezzi praticati, di essere in procinto di cessare l’attività commerciale. Sono invece di per sé aggressivi, ad esempio, i comportamenti che creano nel consumatore l'impressione di non potere lasciare i locali commerciali fino alla conclusione del contratto, le visite a domicilio nel corso delle quali il professionista ignora gli inviti del consumatore a lasciare la sua residenza o a non ritornarvi.
PUBBLICITA' INGANNEVOLE
L’Autorità tutela le imprese dalla pubblicità ingannevole fatta da
altre imprese e stabilisce le condizioni di liceità della pubblicità
comparativa diffusa con ogni mezzo.
La pubblicità è ingannevole quando è in grado di indurre in errore
l’impresa alla quale è rivolta, pregiudicandone il comportamento
economico, o quando è idonea a ledere un concorrente. L’ingannevolezza
può riguardare le caratteristiche dei beni o dei servizi, come la loro
disponibilità o la data di fabbricazione, il prezzo e le condizioni di
fornitura.
La pubblicità comparativa è invece quella modalità di comunicazione
pubblicitaria con la quale un’impresa promuove i propri beni o servizi
mettendoli a confronto con quelli dei concorrenti. Questo tipo di
pubblicità è ammessa solo quando non è ingannevole, mette a confronto
beni omogenei in modo oggettivo, non ingenera confusione tra le imprese,
né provoca discredito al concorrente.
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