mercoledì 12 marzo 2014

Multa Antitrust in Italia ad Organo Gold, la parola all'azienda

L'azienda Organo Gold Europe prende atto della sanzione ricevuta da parte dell'AGCM italiana e comunica ai propri Distributori le azioni di adeguamento, in modo tale da dare continuità alla distribuzione in uno dei Paesi di maggior fatturato e successo mondiale.

Nel comunicato stampa Organo Gold si legge quanto segue:

"...nei mesi scorsi Organo Gold ha lavorato a stretto contatto con l'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato Italiana (AGCM) ...ora questo lavoro è stato completato e siamo lieti di annunciare che l'azienda ha apportato delle modifiche strutturali al piano compensi e ha adottato una serie di misure aggiuntive che tengono in considerazione le indicazioni fornite da parte Autorità Garante in Italia". 

Sembra quindi puntuale la risposta dell'azienda in termini di volontà di adeguamento alla Legge italiana, in quanto la stessa Compagnia comunica mediante Mr. Paul Jarvis , Vice Presidente EU, FSU ed Africa, quanto segue:  

"Il nuovo piano compensi sarà disponibile da subito nel Back Office di ogni Incaricato"  
aggiungendo poi che "...il nuovo piano compensi vuole essere conforme e non soggetto ad alcun divieto da parte dell'Autorità Garante in Italia ...incorporando ulteriori dispositivi di tutela, che vanno aldilà delle raccomandazioni date, al fine di garantire che i nostri Incaricati alle Vendite siano in grado di continuare a prosperare in Italia per le generazioni future".

Capitolo HEALTH CLAIM (messaggi promozionali salutistici)

Nel comunicato stampa aziendale, si legge inoltre che, in aggiunta ai cambiamenti nel piano compensi, Organo Gold "intende applicare in maniera ancora più rigorosa le proprie politiche e procedure per quanto riguarda i siti web creati dei propri Incaricati e quelle relative ad eventuali claim salutistici in relazione ai prodotti Organo Gold" non conformi al volere dell'AGCM.

"...con effetto immediato, la società inizierà a mettere in atto una ancor più stringente politica di tolleranza zero in modo da essere in grado di agire rapidamente al fine di proteggere l'attività di vendita in Italia su basi solide e legali. In caso di ulteriori quesiti si prega di contattare europe@organogold.com "

Mai come in questa situazione, si può dire che l'azienda Orgnao Gold Europe abbia risposto in maniera pronta e decisa per tutelare il futuro di migliaia di Collaboratori Italiani, consapevole che il comportamento di pochi, può mettere a repentaglio il futuro di migliaia che lavorano in modo corretto. Il caso Xango del 2010, insegna...


martedì 11 marzo 2014

Il network marketing in Italia tra sanzioni e sviluppi futuri

Proponiamo qui un'intervista a M.Rossi, Formatore e Networker di successo.
Data la sua ventennale esperienza internazionale, gli abbiamo chiesto quale fosse il suo personale parere in relazione allo status del settore multilivello in Italia rispetto al resto del Mondo in cui il network marketing è ormai una certezza imprenditoriale.


Il network marketing è un'industria in continua crescita, un modello vincente a livello mondiale ormai divulgato in molte Università (non ultima la Bocconi di Milano), ma allo stesso tempo è il modello imprenditoriale più incompreso e mal interpretato.

Come siamo messi in Italia?
La legge italiana non vede di “buon occhio” il network marketing nella concezione made in USA, soprattutto se si tratta di un modello “aggressivo” e spinto alla duplicazione veloce con i nuovi sistemi binari (dual team).

Le motivazioni di queste sanzioni?
Probabilmente sono da ricercarsi nelle diverse sfaccettature truffaldine che noi, popolo di artisti e inventori, abbiamo saputo imprimere negli ultimi decenni ad un modello di business nato e sviluppatosi con successo Oltreoceano (interessante nota storica: il celebre Schema Ponzi, che è alla base della vendita piramidale, è proprio frutto dell'inventiva di un Italiano emigrante: http://it.wikipedia.org/wiki/Schema_Ponzi).

Negli anni Ottanta e Novanta in Italia sono apparse rivisitazioni del sistema multilivello alquanto discutibili per come sono nate, si sono sviluppate con boom e poi morte dopo poco tempo lasciando tante persone in difficoltà: per lo più erano aziende di servizi, senza un prodotto di largo consumo e quindi spinte al reclutamento spietato di nuovi Partner, e non al consolidamente del mercato con nuovi clienti ed una efficace fidelizzazione. Questo ha portato alla regolamentazione del settore nel 2005, con la famosa legge di riferimento.

Se a questo, poi aggiungiamo che sempre più spesso il network marketing viene associato a settori dove ci sono forti interessi economici e controlli severi sulla promozione (vedi la salute e il benessere) il terreno su cui far crescere il proprio business risulta alquanto instabile per le aziende che utilizzano il sistema del network: che si voglia o no, l'Europa non è disciplinata come l'America, qui c'è maggior severità!

Alcune aziende multinazionali americane sono arrivate nel nostro Paese negli ultimi anni con tanti buoni propositi, ma senza immaginare lontanamente quali sarebbero state le difficoltà da affrontare con la giurisprudenza italiana, al fine di avviare il proprio business ed attuare con successo i loro piani marketing di nuova generazione.

Lo dimostrano le recenti multe di marzo 2014 ad aziende come Asea, Vemma e a sorpresa soprattutto Organo Gold, un'azienda di successo senza eguali: in soli 5 anni ha aperto in 35 Paesi ed è in costante crescita grazie ad un perfetto mix di prodotto e piano marketing.  

Si spieghi meglio, cosa non convince in queste sanzioni?
Prendiamo il caso della multa Organo Gold.  E' alquanto opinabile, in quanto se una persona legge  la sentenza capirà che, oltre al piano marketing, l'azienda è stata sanzionata per un uso scorretto ed ingannevole di claim salutistici che promuovono aspetti benefici dei prodotti.

Tuttavia non c'è una responsabilità oggettiva della stessa. Non si legge infatti in nessun sito web aziendale ufficiale (a differenza della concorrenza) proclami di questo tipo e solo il comportamento di alcuni "fanatici" del web (vedi il sito web non aziendale: organogolditalia.info citato dall'AGCM) che ha portato ad una valutazione dell'Ente e la conseguente una multa. C'è una presunta colpa.

A parer mio, lo dico in veste di professionista che opera da anni in questo settore, non è ammissibile una sanzione così elevata per un sito web che l'azienda non è riuscita a controllare non avendo saputo risalire al nome del proprietario (causa legge sulla privacy dei domini web) ed Organo Gold farebbe bene a fare ricorso e citare per danni il proprietario del nome a dominio.
Le spiegazioni di fondo a tutte queste continue multe?
L'industria del network è una grande opportunità per fare impresa, soprattutto in un momento di crisi globale, ma la Legge Italiana concepisce il sistema network semplicemente come un modello per la vendita diretta, niente di più. Per dirla “alla Kiyosaki”, lo si colloca nel secondo quadrante (S) e non nel terzo (B) come in USA.

Ritiene che la legge non sia consona allo sviluppo del settore?
Il limite della legge che disciplina network marketing in Italia è evidente: non viene concepito come un'evoluzione del franchising  e quindi come attività d'impresa del mercato globale.Questa interpretazione riduttiva del modello di business ha portato e sta portando alle multe da parte dell'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato. Queste non finiranno qui...ma continueranno a "fioccare per far cassa" (...ma l'Ente non è nato proprio per questo!?)

Perchè il settore viene così penalizzato? 
La risposta che mi do è questa: c'è un'evidente “miopia di fondo” in quanto non si concepisce ancora il suo importante valore a livello socio – economico e la genialità dell'idea di veicolazione del prodotto sfruttando la filiera corta, il web ed il marketing referenziale nel XXI secolo. Come tutte le grandi intuizioni all'inizio non sono apprezzate e spesso osteggiate: è la storia che lo insegna!

L'atteggiamento da parte del Legislatore non favorisce lo sviluppo ed il progresso di questo sistema in Italia. Come si è detto precedentemente, i criteri di giudizio nelle varie sentenze dell' AGCM sono ricercabili nei “paletti” della legge n.173 del 17.8.2005, che ingloba il network nel settore degli Incaricati alle vendite. Questo non fa altro che limitare le possibilità di un Distributore Indipendente che opera nel network marketing: in particolar modo frena la sua imprenditorialità, relegandolo al ruolo di semplice venditore porta a porta.
In Italia, con questa legge, non ci sarà mai il vero network marketing made in USA .

Lei che conosce il network a livello internazionale, quali sono le principali differenze tra USA ed Italia?
Il network di concezione americana è una grande opportunità di impresa globale, avviabile senza grossi investimenti e costi fissi, se non quelli legati all'investimento in una scorta di prodotto che ognuno può decidere deliberatamente di acquistare in funzione alla propria capacità di spesa, consumo personale, ambizioni ed uso promozionale. Quello che si insegna e si promuove nei libri di Don Failla, R. Kiyosaki e molti altri guru del moderno capitalismo, come Donald Trump e Warren Buffet.

In Italia questa scuola di pensiero non è accolta dal Legislatore: soprattutto i network di nuova generazione sono sotto la “lente di ingrandimento” da parte dell'Antitrust Italiana. Le cause delle multe sono sempre le stesse in tutte le sentenze, guarda caso:

a) non si può indurre le persone a “comprare di più” per “guadagnare di più” in termini di affiliazione di nuovi Incaricati.

b) per essere pienamente nella legalità questa organizzazione di distribuzione non basta acquisti per sé stessa, ma deve servire un potenziale mercato (canale retail) offrendo il prodotto al cliente finale.

Come la spiega? Ci faccia capire meglio...
L'interpretazione italiana del network non è quella di “fare impresa”.
Mi chiedo: ma è forse un illecito indurre le persone ad investire maggiormente per avere un proprio “negozio” più ricco e ben attrezzato. Non è forse così che fa l'imprenditore per avere un vantaggio competitivo rispetto alla concorrenza?
Inoltre per il Legislatore Italiano, senza una maggioranza di fatturato legato alle vendite ai clienti, il Network non è legale in Italia. Detta in cifre: se ci sono 1.000 Incaricati alle vendite in un network, ci devono essere almeno 5.000 clienti retail perchè l'organizzazione sia giustificata come “non piramidale”. Mentre l'efficacia dei Network made in USA sono legati all'autoship dei propri iscritti, consumatori soddisfatti che comprano a prezzo all'ingrosso tutti i mesi, con un riordine automatico programmato.

Quale sarà il futuro del network a breve termine?
Di certo, quello di essere ostacolato, bloccato e ancora multato.
Le prossime aziende nel mirino saranno probabilmente le ultime entrate operativamente in Italia: ho osservato come operano Kyani, LiveSmart360 e le concorrenti di Organo Gold per il caffè al ganoderma (DXN e altre), aziende che eccedono anche di più di questa, in claim salutistici.
Le sanzioni non si fermeranno a queste di certe, partiranno nuove indagini e sanzioni!
Di certo gli anni futuri si vedranno sempre più aziende nascere e svilupparsi utilizzando questo sistema e quindi anche l'Italia forse dovrà farsi qualche domanda. Il movimento crescerà e magari qualche politico lungimirante capirà la portata di quest'industria in grado di poter creare ricchezza e benessere. Non saper interpretare il network al giorno d'oggi significa non sapersi adeguare al cambiamento, rimanere indietro con il progresso che la new economy impone.

Quali consigli si sente di dare Sig. Rossi?
C'è da creare cultura: documentatevi su fonti autorevoli e non limitatevi alle "chiacchiere da bar". 
Andate a fondo per capire il network, vivetelo!! ...solo allora si può giudicare realmente.
A tutti i professionisti ed amanti del network marketing invece spetta una riflessione: essere artefici di un cambiamento generazionale, di cultura imprenditoriale, oppure ritornare a fare quello che sempre avete fatto prima, lamentandosi contro tutto e tutti. Poetete decidere di fermarvi, oppure andare avanti, consapevoli della sfida che vi aspetta. Per i vincitori, il premio è ambito: la libertà finanziaria. Buona azione!



Ganoderma-Reishi.it dalla parte di Organo Gold

Il noto portale web di micologia Ganoderma-Reishi.it difende l'azienda Organo Gold dalle accuse arrivate dalla concorrenza e dall'AGCM Italiana. 

Questo quanto si legge sul portale dedicato al Ganoderma Lucidum: "ci sono centinaia, per non dire migliaia di persone, che hanno avuto almeno un beneficio dall'utilizzo continuativo di queste ottime bevande"

Pur consapevoli che ci sono migliaia di testimonianze di benefici di persone in Italia soddisfatte delle bevande OG, " i messaggi pubblicitari salutistici non provengono mai da fonti ufficiali, ovvero dal sito web aziendale OrganoGold.com, ma da siti web di terzi"...


APPROFONDIMENDISCI: Leggi l'articolo integrale.


lunedì 10 marzo 2014

Di nuovo sanzioni sulle vendite multi-livello


Sanzioni per complessivi 500.00 euro a carico delle società Vemma Italia (100mila), Asea Italy (150mila) e Organo Gold Europe (250mila) per pratiche commerciali scorrette che hanno interessato decine di migliaia di consumatori nel settore delle vendite multilivello.
Le ha decise l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato al termine di tre distinti procedimenti istruttori, condotti in collaborazione con il Gruppo Antitrust del Nucleo Speciale Tutela Mercati della Guardia di Finanza.

Secondo l’Antitrust ai consumatori viene proposto l’acquisto di prodotti attraverso meccanismi finalizzati in realtà al reclutamento di altri venditori ai quali viene richiesto un contributo iniziale o la sottoscrizione di un programma di acquisti personali. 

Il sistema prevede in sostanza il coinvolgimento e la partecipazione di consumatori in uno schema di acquisto e vendita dei prodotti: chi aderisce è incentivato, al momento dell’ingresso nel sistema, a coinvolgere un numero sempre crescente di altri consumatori/venditori. 

Si tratta di un meccanismo distributivo considerato scorretto dal Codice del consumo italiano per il quale il consumatore non può fornire un contributo in cambio della possibilità di ricevere un corrispettivo derivante principalmente dall’entrata di altri consumatori nel sistema anziché dalla vendita o dal consumo dei prodotti.

La posizione di Asea Italy e di Organo Gold Europe risulta ulteriormente aggravata dalla circostanza che le due società hanno attribuito ai loro prodotti capacità curative che non risultano adeguatamente dimostrate e certificate.

Di seguito le pratiche attuate da Vemma Italia, Asea Italy e Organo Gold Europe sanzionate dall’Autorità:

1) avvio di un sistema di promozione a carattere piramidale nel quale il consumatore paga un contributo ‘d’ingresso’ (anche nella forma di autoconsumo) in cambio della possibilità di ricevere un corrispettivo derivante principalmente dall’entrata di altri consumatori nel sistema anziché dalla vendita dei prodotti teoricamente commercializzati: infatti, il fatturato di ciascun professionista derivava principalmente dai meccanismi di ingresso o di autoconsumo e non dalla vendita dei prodotti.

2) ingannevole e mancata informazione completa sulle possibilità di guadagno, che appaiono totalmente irrealistiche e funzionali a ingannare i consumatori per farli aderire allo schema: la stragrande maggioranza di incaricati non ha generato e ricevuto corrispettivi o di importo del tutto trascurabile;

3) limitatamente ai procedimenti a carico di Asea Italy e di Organo Gold Europe, diffusione di affermazioni ingannevoli sulle capacità curative dei prodotti non dimostrate attraverso idonea certificazione.

Infatti la società Asea sostiene che la composizione della miscela commercializzata sarebbe perfettamente equilibrata e in grado di rinforzare il sistema immunitario, favorire il processo di guarigione e limitare l’effetto dannoso dei radicali liberi.

Organo Gold Europe invece sostiene che la bevanda a base di fungo ganoderma avrebbe proprietà tali da renderla efficace nella profilassi di malattie nervose, vascolari e tumorali, senza effetti collaterali.


Multa anche per Herbalife: nessun network è immune alle sanzioni!

Ci verrebbe da dire: nessun network è immune alle sanzioni! Anche in USA, come in Italia...i controlli si fanno severi: e dove girano i soldi, arrivano le multe!

La Federal trade commission (Ftc), l’istituzione statunitense che tutela i diritti consumatori come la nostra AGCM italiana, ha aperto un’inchiesta sull’azienda di integratori alimentari Herbalife, sospettata di essere gestita come una società di truffa piramidale. 

La notizia ha causato un crollo del titolo di Herbalife a Wall street: nella giornata del 12 marzo ha chiuso a 60,5 dollari per azione perdendo il 7,4 per cento del valore, dopo essere scivolato fino a 54,5 dollari.

Nel 2013 ha registrato introiti per 4,8 miliardi di dollari con una crescita del 18 per cento rispetto al 2012. Ha la sede fiscale alle isole Cayman, mentre il quartier generale è a Torrance, vicino a Los Angeles. 

Come spiega la Bbc, Herbalife è accusata di adottare uno schema di vendita basato sul reclutamento di nuovi affiliati e non sul commercio vero e proprio. Un sistema ritenuto ingannevole perché promette forti guadagni agli investitori a patto che questi trovino nuove reclute.

Herbalife ha assicurato di voler “cooperare pienamente”con la Ftc.

Sei cresciuto abbastanza, adesso puoi pagare la multa!

Abbiamo intervistato il Dr. Alvise Fedrigo, laureato in Giurisprudenza che ha svolto per diversi anni la professione legale, continuando nel contempo ad interessarsi di nuove opportunità di business sul mercato italiano. Gli abbiamo chiesto di dare un suo parere dal punto di vista giuridico sul ruolo dell'Antitrust oggi in Italia.

Che tipo di Ente è, quello dell'AGCM?
È ormai appurato che quello che funziona meglio in Italia sono tutti quegli Enti che sono destinati a raccogliere denaro per lo Stato. Che sia dovuto oppure no, sono implacabili.
Multe, balzelli, accertamenti e sanzioni varie sono ormai una spada di Damocle che pende sulle teste di tutte le imprese che raggiungono certi risultati e dove c’è da spillare del denaro. Dove c’è da arraffare si arraffa a man bassa per sostenere uno Stato in affanno di liquidità.


Perchè questo accanimento per il Network Marketing secondo lei Fedrigo?
Nel mondo del Network Marketing ricevere una multa è diventato sinonimo di fatturati consistenti. Lo confermano molte aziende del settore, come Agel, Xango, Asea, Vemma ed Organo Gold

Ma com’è che aziende presenti in tutto il mondo, sono multate solo in Italia?
Qualcuno potrebbe dire che da noi ci sono normative più restrittive. A me sembra che la Legge 173/2005, regolante il campo della vendita diretta e del network marketing, sia una norma passibile di ampi margini di interpretazione e non consenta di avere dall’origine disposizioni chiare tali da consentire a un’azienda del settore di adeguarsi ex lege e dormire sonni tranquilli. In ogni momento (e di solito quando ci sono certi fatturati) può arrivare una sanzione in base all’umore dell’interprete.  

Il vero problema è che NON C’E’ CERTEZZA DI DIRITTO.

Un’azienda multinazionale che entra nel nostro Paese e che già opera in altre decine di Paesi, che gusto ha di costruire una rete in Italia per farsela corrompere da una sentenza sanzionatoria?

Quello che Enti come l’Antitrust secondo me non comprendono, è che attaccare per incassare aziende che si stanno sviluppando bene, nel breve periodo rischia di avere un effetto boomerang. A fronte di quei famosi soldi sporchi, “maledetti e subito”, si ottiene meno gettito nelle casse dello Stato, in quanto i fatturati o calano o si azzerano e quindi anche le tasse pagate dai vari incaricati. 

Ciò perché questo tipo di attività è già molto chiacchierato, spesso per non conoscenza, e attacchi come questo sono a volte fatali. È vanificato il lavoro di molte persone che con fatica e dedizione si costruiscono una fonte di guadagno onesto.

A questo punto mi viene da pensare che se un’azienda riceva una multa, significa che sta iniziando a funzionare bene. Una cosa tipo: Bravo! Sei cresciuto abbastanza, adesso puoi pagare la multa!

Del resto molti grandi miti del passato ci hanno spiegato quale percorso hanno i cambiamenti importanti…

“Prima ti ignorano, poi ti deridono, poi ti combattono. Poi vinci”
Mahatma Gandhi. (Mohandas Karmchand Gandhi)

“Ogni verità subisce tre fasi, prima viene derisa, poi combattuta ed infine accettata”. 
Arthur Schopenhauer

La fase in cui interviene una sanzione è quella in cui l’azienda è combattuta. Se le spalle sono larghe e l’azienda è solida, il superamento di questa fase porta all’ultimo stadio, che è quello del successo condiviso. Bisogna solo avere pazienza e interpretare il fatto della sanzione nel contesto italiano, dove la caccia alle streghe e la raccolta di denaro sono purtroppo una realtà.

Tratto da i Milionari del Benessere

 

mercoledì 5 marzo 2014

Multe alle aziende farmaceutiche Roche e Novartis

Multa record da 180 milioni di euro per Roche e Novartis. Lo ha deciso l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, nella riunione del 27 febbraio 2014: i dei gruppi avrebbero stretto un accordo «anti-concorrenza» contrario al diritto antitrust comunitario, nel mercato dei farmaci per la cura di gravi patologie vascolari della vista. Tra le malattie interessate dall’istruttoria spicca la degenerazione maculare senile, prima causa di cecità nei Paesi industrializzati e di cui solo in Italia sono a rischio un milione di persone.
DIFFICOLTÀ DI CURA - Secondo l’Antitrust l’intesa ha avuto quale possibile conseguenza, tra l’altro, una maggior difficoltà nelle possibilità di cura per molti pazienti e un aumento della spesa a carico del Servizio Sanitario Nazionale stimata in 45 milioni di euro nel solo 2012, con possibili maggiori costi futuri fino a oltre 600 milioni di euro l’anno.
LA SEGNALAZIONE - L’istruttoria è stata avviata nel febbraio 2013 dopo le segnalazioni ricevute da Aiudapds, un’associazione di cliniche private, e dalla SOI-Società Oftalmologica Italiana: al procedimento hanno chiesto e ottenuto di partecipare anche la Regione Emilia-Romagna e l’associazione di consumatori Altroconsumo. Dalla documentazione acquisita, anche grazie alla collaborazione del Gruppo Antitrust del Nucleo Speciale Tutela Mercati della Guardia di Finanza, è emerso che le capogruppo Roche e Novartis, anche attraverso le filiali italiane, hanno concertato sin dal 2011 una differenziazione artificiosa dei farmaci Avastin e Lucentis, presentando il primo come più pericoloso del secondo e condizionando così le scelte di medici e servizi sanitari.

LA REPLICA DELLE AZIENDE FARMACEUTICHE - «Novartis respinge in maniera decisa le accuse relative a pratiche anti-concorrenziali messe in atto tra Novartis e Roche in Italia e si avvarrà dei propri diritti di difesa ricorrendo in appello dinanzi al Tribunale competente (TAR)» recita un comunicato diffuso dall’azienda. «I rischi derivanti dall’uso non autorizzato di farmaci sono un problema critico e questa decisione da parte dell’Autorità incoraggia apertamente il diffuso utilizzo intravitreale non autorizzato di Avastin» prosegue la nota. «Ciò è fortemente in contrasto con il contesto normativo di riferimento europeo ed italiano, che ha lo scopo di proteggere la sicurezza dei pazienti e che ora rischia di essere compromesso. La decisione di Roche di richiedere o meno per Avastin l’autorizzazione all’immissione in commercio per l’indicazione oftalmica, che al momento non possiede, è stata assunta in modo assolutamente unilaterale. I fattori che impediscono o limitano l’utilizzo oculare off-label di Avastin in Italia non hanno nulla a che fare con Novartis. Lucentis con il suo profilo di sicurezza ben caratterizzato resta l’unico anti-VEGF autorizzato per cinque indicazioni oculari a disposizione dei pazienti italiani. 

 Novartis crede fermamente che i pazienti abbiano il diritto di essere informati sui principali rischi di sicurezza associati ai prodotti medicinali autorizzati come a quelli non autorizzati, nel pieno rispetto delle normative sulla concorrenza». «Novartis» conclude il comunicato, «intende chiarire che la spesa di Lucentis è sotto controllo e lontana dalle cifre circolate: i dati contenuti nel Rapporto OsMed relativo al 2012 attestano la spesa totale per Lucentis allo 0,3 per cento del totale della spesa farmaceutica per un importo pari a 51,2 milioni di euro e i dati relativi al 2013 non si discostano da tale importo dal momento che la spesa per Lucentis nel periodo gennaio-settembre 2013 è stata pari a 38,6 milioni di euro». 

Roche - in un’altra nota - , dal canto suo «respinge con fermezza le conclusioni del procedimento condotto dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato circa un presunto accordo restrittivo della concorrenza con Novartis. L’azienda ribadisce che le accuse sono prive di qualsiasi fondamento e che ricorrerà in appello presso tutte le sedi deputate, a tutela della propria immagine e dei propri diritti, certa delle proprie ragioni. Roche, nel confermare che non c’è stata alcuna intesa anticoncorrenziale con Novartis, precisa che Avastin (bevacizumab) e Lucentis (ranibizumab) sono farmaci diversi - per composizione, struttura e modalità di somministrazione - sviluppati per scopi terapeutici differenti: Avastin (bevacizumab) è un farmaco oncologico, mentre Lucentis (ranibizumab) è un farmaco ad uso oftalmico».

LA POSIZIONE DELL’AIFA - L’Agenzia Italiana del Farmaco ha fatto sapere, dal canto suo, che «accoglie con interesse la decisione dell’Antitrust di multare Novartis e Roche sulla base dell’esistenza di un accordo su farmaci per le patologie oculari. Si tratta di una sentenza storica per tutta l’Europa e non solo, che getta luce su un problema globale che ha costretto l’EMA e tutte le Agenzie europee ad approfondire i rischi connessi all’uso off-label su larga scala di farmaci non studiati per specifiche indicazioni terapeutiche, e per i quali la farmacovigilanza si è dimostrata carente.
L’AIFA ribadisce l’importanza che anche le aziende farmaceutiche seguano sempre un codice di condotta etico e rispettino le norme poste a garanzia del sistema regolatorio, sempre orientato alla massima tutela della salute pubblica, e riconferma il proprio atteggiamento che, in presenza di minimi dubbi sulla consistenza dei dati di rischio/beneficio, sarà sempre quello di assicurare responsabilmente la difesa della salute del cittadino, indipendentemente dai costi economici. L’AIFA si augura che in futuro situazioni simili possano essere superate da apposite disposizioni normative mantenendo al primo posto la centralità del paziente e nessun altro interesse».

venerdì 10 gennaio 2014

Xango, ancora una multa dell’Antitrust per vendita piramidale

La lunga storia del succo di mangostano continua. Non è bastata la multa di 250.000 euro inflitta a maggio scorso dall’Antitrust alla Xango Italy (azienda che distribuisce il prodotto) per pratica commerciale scorretta. Oggi ne arriva un’altra di 50.000 euro sempre per lo stesso motivo: pratica commerciale scorretta rappresentata dal sistema di vendita piramidale.

A segnalare il caso era stata Altroconsumo che aveva denunciato all’Autorità la scorrettezza del messaggio pubblicitario, in cui il succo di mangostano veniva presentato come un toccasana  per prevenire e curare alcune patologie cardiache, diabete, morbo di Parkinson e Alzheimer. L’Associazione aveva puntato il dito anche contro la modalità d’offerta del prodotto, assimilabile a tecniche di vendita piramidale che “utilizzano” i consumatori anche come rivenditori.

L’Antitrust aveva quindi avviato un procedimento, intimando più volte alla società di sospendere ogni attività diretta al reclutamento e registrazione di nuovi incaricati alla vendita del prodotto. La Xango ha fatto ricorso al Tar, ma il ricorso è stato respinto ed è scattata la multa di 250.000 euro.
La società, tuttavia, ha continuato a vendere il succo di mangostano e l’Antitrust ha aperto un nuovo procedimento che si è concluso con un’altra multa poiché la Xango non ha eliminato del tutto i profili di scorrettezza accertati.

“Il sistema di vendita Xango – si legge nel bollettino odierno dell’Agcm – è strutturato su modalità che risultano volte principalmente all’inserimento di nuovi consumatori/incaricati retribuiti attraverso un complesso sistema di remunerazione, c.d. piano dei compensi, che implica da parte degli incaricati il pagamento di una quota di ingresso nel Sistema Xango, l’acquisto mensile di un quantitativo prestabilito del prodotto ed il raggiungimento di alcune soglie minimali per le vendite promosse o effettuate dal singolo incaricato, da solo e insieme alla sua downline, pena la mancata corresponsione dei compensi, requisiti questi che connotano in senso piramidale il Sistema Xango”.

lunedì 15 luglio 2013

Antitrust: avvia istruttoria verso Consiglio forense su tariffe minime

L'Antitrust ha deciso di avviare un'istruttoria per verificare se il Consiglio Nazionale Forense abbia messo in atto due distinte intese finalizzate a limitare l'autonomia dei singoli avvocati nella determinazione dei compensi e nella ricerca di nuova clientela.

Alla base della decisione dell'Antitrust, si legge in una nota, due distinti comportamenti messi in atto dal CNF: la pubblicazione, sul sito istituzionale del Consiglio, delle tariffe ministeriali, ormai abrogate, accompagnate da una circolare emanata nel 2006 in base alla quale l'avvocato che richiede un compenso inferiore al minimo tariffario puo' comunque essere sanzionato in base al Codice Deontologico.

Secondo l'Autorita' il comportamento del CNF non troverebbe giustificazione neanche nei 'parametri' citati dall'articolo 13 della riforma forense del 2012 visto che tali parametri non possono comunque trasformarsi in tariffe minime obbligatorie. Il secondo riguarda il parere reso dal Consiglio in base al quale l'utilizzo, da parte degli avvocati, di siti internet che propongono ai consumatori associati sconti sulle prestazioni professionali, confligge con il divieto di accaparramento della clientela sancito dall'art. 19 del codice deontologico forense.

Secondo l'Antitrust tale parere, inibendo l'impiego di un nuovo canale di distribuzione e stigmatizzando l'offerta di servizi incentrata sulla convenienza economica, potrebbe essere idoneo a limitare la concorrenza tra professionisti. 

Il parere era stato rilasciato a proposito della piattaforma Amica Card, circuito a disposizione di aziende e professionisti (tra cui avvocati) che intendono promuovere i propri servizi tramite internet, a fronte del pagamento di un canone mensile; i consumatori-utenti, sottoscrivendo (gratuitamente o a pagamento) la tessera AmicaCard, possono acquistare, a condizioni agevolate, i servizi reclamizzati sul circuito direttamente dai professionisti ad esso aderenti.

L'istruttoria dovra' concludersi entro il 31 ottobre 2014.


venerdì 10 maggio 2013

L'Antitrust ha multato Telecom Italia per abuso di posizione dominante nelle infrastrutture di rete con una sanzione complessiva di 103,794 milioni di euro. Telecom Italia, si legge in una nota dell'Authority, «ha abusato, con due distinti comportamenti, della posizione dominante detenuta nella fornitura dei servizi di accesso all'ingrosso alla rete locale e alla banda larga, ostacolando l'espansione dei concorrenti nei mercati dei servizi di telefonia vocale e dell'accesso ad internet a banda larga». 

L'Antitrust ha diffidato la società dal ripetere in futuro tali comportamenti sanzionandola con una multa complessiva di 103,794 milioni. 

Immediata la reazione: Telecom, in una nota, dichiara che ha sempre garantito la parità di accesso alla rete a tutti gli operatori. La società annuncia che presenterà ricorso al Tar contro la sanzione da 103 milioni dell'Antitrust. A conferma di ciò, Telecom ha sottolineato che «nei tre anni successivi all'introduzione del nuovo assetto si è registrata la continua crescita delle quote di mercato» degli altri operatori »sia nell'accesso fisso voce sia nel broadband».
Al termine dell'istruttoria avviata il 23 giugno 2010, l'Antitrust ha stabilito che l'abuso di Telecom si è realizzato attraverso due distinte condotte. Nel primo caso, si legge nella nota, la società ha opposto ai concorrenti un numero "ingiustificatamente" elevato di rifiuti di attivazione dei servizi all'ingrosso, i cosiddetti KO. "Dai dati emersi nel corso dell'istruttoria - spiega l'Antitrust - risulta che Telecom, nell'esercizio della propria discrezionalità, ha trattato gli ordinativi provenienti dagli altri operatori in modo discriminatorio rispetto a quelli provenienti dalle proprie divisioni interne".

«Attraverso tali comportamenti - prosegue la nota - Telecom ha ostacolato l'accesso dei concorrenti all'infrastruttura, sia nel caso della fornitura di servizi su linea attiva, sia nel caso della fornitura di servizi su linea non attiva. Ciò ha di fatto reso significativamente più difficoltoso per gli altri operatori, il processo di attivazione dei servizi di accesso alla rete rispetto alle divisioni interne di Telecom».

Per questa infrazione l'Autorità ha deliberato una sanzione di 88,182 milioni, che tiene conto delle attenuanti riconosciute a Telecom per le diverse attività avviate a partire dal 2009 per migliorare le procedure di accesso ai concorrenti e delle perdite di esercizio e della circostanza aggravante della recidiva (Telecom è stata già condannata per abuso di posizione dominante in relazione a comportamenti sostanzialmente escludenti).

Telecom ha inoltre attuato, spiega l'Antitrust, «una politica di scontistica alla grande clientela business per il servizio di accesso al dettaglio alla rete telefonica fissa, tale da non consentire a un concorrente, altrettanto efficiente, di operare in modo redditizio e su base duratura nel medesimo mercato». In sostanza Telecom, si legge, ha disegnato una politica tariffaria per la grande clientela business contraddistinta, quanto meno per il periodo 2009-2011, dalla capacità, dati i costi di accesso alla rete praticati agli altri operatori, di comprimere i margini dei concorrenti altrettanto efficienti, con effetti restrittivi della concorrenza sul mercato al dettaglio dei servizi di accesso alla clientela non residenziale.

Gli sconti praticati alla clientela sono stati infatti indirizzati selettivamente ai clienti che ricorrono a procedure di selezione del fornitore e che sono collocati in aree aperte alla concorrenza, ove è disponibile il servizio di accesso al tratto finale di rete verso il cliente (cosiddetto unbundling del local loop).

L'analisi dell'Antitrust ha dimostrato che Telecom non sarebbe stata in grado di offrire i servizi al dettaglio ai prezzi praticati senza subire perdite se avesse sostenuto i costi all'ingrosso praticati ai concorrenti. Per questa condotta l'Autorità ha deliberato una sanzione di 15,612 milioni che tiene conto di un'aggravante connessa alla recidiva, poiché Telecom è stata già condannata per abuso di posizione dominante in relazione a comportamenti sostanzialmente analoghi e, come attenuante, delle perdite in bilancio della società.

mercoledì 6 marzo 2013

L'Antitrust multa Microsoft per 561 milioni di euro


Per la Microsoft è arrivata una nuova multa milionaria. La società fondata da Bill Gates è stata nuovamente sanzionata dall'Antritrust di Bruxelles: dovrà versare 561 milioni per avere disatteso gli impegni sulla libera scelta dei browser.

Microsoft si era impegnata nel 2009, conclusa un'indagine della Commissione Ue, a offrire la possibilità di scegliere quale software utilizzare per navigare su internet dal proprio computer. In seguito l'Antitrust aveva stabilito che tra maggio 2011 e luglio 2012 la società era venuta meno agli impegni presi.

Joaquin Almunia, commissario alla Concorrenza, ha spiegato come la "inchiesta sul sospetto di posizione dominante da parte di Microsoft sui legami tra Internet Explorer e Windows" si è chiusa ed è stata seguita da impegni presi dall'azienda. Che "vanno però mantenuti". E "se vengono disattesi si verifica una seria violazione che va sanzionata di conseguenza".

domenica 13 gennaio 2013

Agel: multa di 250 mila euro per vendita di integratori con diciture non autorizzate attraverso metodo piramidale


Una delle più gravi sanzioni inflitte dall’Antitrust nel 2012 riguarda Agel Italy Srl, una società specializzata nelle vendita di integratori alimentari e altri prodotti con un sistema di vendita piramidale.
La multa di 250.000 euro è però curiosamente sfuggita ai riflettori della stampa.

Agel Italy Srl, a differenza dei grandi gruppi finiti sotto le forche caudine dell’Antitrust, non espone i propri prodotti in supermercati, farmacie e para-farmacie, erboristerie o altri pubblici esercizi, ma utilizza una rete di vendita informale. In questa struttura chiunque può assumere il ruolo di distributore e fare carriera, organizzando a sua volta una rete di venditori senza affrontare investimenti paragonabili a quelli richiesti per l’apertura di un esercizio.

Basta un po’ d’iniziativa, per organizzare incontri anche presso le proprie abitazioni e vendere servizi o prodotti alimentari, piuttosto che erboristici o cosmetici, o quant’altro. I guadagni sono proporzionali al tipo di prodotto venduto ma anche al “livello” raggiunto da ciascun distributore nella gerarchia dei venditori.

Si tratta di un sistema che gli addetti ai lavori chiamano Multi-Level Marketing (MLM). Purtroppo il metodo non è definito nella legislazione italiana, che tuttavia vieta espressamente i sistemi di vendita basati sugli schemi piramidali – noti anche come catene di Sant’Antonio – ove i guadagni derivano dal reclutamento di altri soggetti, anziché dalla vendita vera e propria di beni o servizi (1).
Senza dimenticare l’obbligo, per chiunque produca o commercializzi prodotti alimentari (2), di registrarsi presso la ASL competente (3).

La prima censura dell’Antitrust riguarda il sistema di vendita utilizzato da Agel Italy che – sulla base degli elementi e dei dati raccolti – é basato sul reclutamento di altri consumatori, destinati ad ampliare la rete di vendita sul modello di una struttura a carattere piramidale.

Ma l’attenzione delle Autorità, in particolare del Ministero della salute che ha segnalato il caso, è stata sollecitata dalla presenza di claims salutistici non autorizzati nel materiale promozionale degli integratori alimentari firmati Agel:
- il prodotto denominato UMI contiene il fucoidan, una sostanza estratta da un’alga giapponese che avrebbe rivelato in vitro una probabile capacità di bloccare la proliferazione di cellule cancerogene. Il prodotto dovrebbe in ogni caso venire sottoposto alla legislazione sui medicinali, laddove si intendesse promuove una funzione curativa,
- il prodotto HRT, che nella lista degli ingredienti riporta Pleurotus Ostreatus 45 (un fungo), L-carnitina, taurina, policosanolo e coenzima Q10, era invece pubblicizzato come capace di stabilizzare il colesterolo ematico, in assenza dei requisiti di legge.

L’Autorità Garante non ha ancora considerato queste “voci nella rete”, le quali potrebbero venire inquadrate nel campo di applicazione del regolamento claims (4), e assoggettate alla relativa vigilanza, laddove qualificate come “informazione commerciale”.

venerdì 21 dicembre 2012

Apple e le garanzie in Italia, un'altra multa dall'Antitrust

Non si può certo definire un regalo quello che l'autorità Antitrust italiana ha piazzato sotto l'albero di Cupertino giusto in tempo per la notte di Natale. Nonostante da almeno un mese Apple si sia adeguata alle leggi italiane sulle garanzie, in un comunicato diramato poco fa, l'AGCM ha comunicato la chiusura di un procedimento di inottemperanza, affibbiando all'azienda una multa da 200.000 euro.

È la conclusione (si spera) di una telenovela cominciata esattamente un anno fa, il 21 dicembre 2011, quando l'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato italiana stabilì di sanzionare Apple con l'accusa di pratiche scorrette a danno dei consumatori, per un totale di 900.000 euro

La questione aveva a che fare con le garanzie: negli Stati Uniti la legge prevede un anno di garanzia gratuita, le leggi italiane (ed europee) invece ne prevedono due. Secondo l'antitrust Apple aveva approfittato della mancanza di informazione sulle normative per vendere ai clienti italiani un'estensione della garanzia, inducendoli sostanzialmente a pagare anche per una garanzia che sarebbe spettata loro di diritto.

Apple aveva fatto subito ricorso al Tar. Nonostante il ricorso fosse stato bocciato , per diversi mesi l'azienda calforniana ha continuato a tenere negli Apple Store i pacchetti del programma di estensione delle garanzie AppleCare Protection Plan , facendo infuriare le associazioni di consumatori e guadagnandosi un richiamo ufficiale da parte di un commissario europeo.

Lo scorso novembre, infine, Apple ha ceduto alle pressioni dell'Antitrust , provvedendo a ritirare dai negozi italiani i pacchetti APP, e ad adeguare le informazioni riportate sul sito web di APP alle leggi vigenti nell'Unione Europea. Pur riconoscendo l'adempimento di Apple a quanto prescritto nel dicembre 2011, l'antitrust ha giustamente deciso di non sorvolare sui lunghi mesi in cui Apple ha sostanzialmente fatto spallucce, nella speranza che il Tar accettasse il suo ricorso.

Dal 28 marzo di quest’anno fino al 10 novembre il gruppo non ha sostanzialmente tenuto conto del precedente provvedimento dell’Autorità” si legge nel comunicato ufficiale “Il 21 dicembre dello scorso anno Apple era stata infatti multata con sanzioni per 900mila euro in quanto aveva dato informazioni insufficienti e confusorie ai consumatori sulla garanzia biennale di conformità da parte del venditore, ne aveva ostacolato l’esercizio limitandosi a riconoscere la sola garanzia del produttore di un anno e aveva indotto in confusione gli acquirenti inducendoli a sottoscrivere un contratto aggiuntivo che si sovrapponeva in parte alla garanzia legale gratuita prevista dal Codice del Consumo. Oltre alle multe, il provvedimento dava tempo al gruppo di adeguarsi alle norme del Codice del Consumo entro il 28 marzo.”

I 200.000 euro di multa dovranno essere pagati da tre gruppi legati a Apple: Apple Sales International (120.000 euro), Apple Italia S.r.l (40.000) e Apple Retail Italia S.r.l (40.000). Il caso italiano è piuttosto unico nel suo genere, e secondo alcune associazioni di consumatori potrebbe rappresentare un utile precedente per risolvere controversie analoghe in altri paesi UE.

mercoledì 5 dicembre 2012

Dall’Antitrust UE maxi-multa al cartello delle Tv

Philips, LG Electronics, Samsung ed altre cinque aziende sono state accusate di fare cartello e sanzionate dall’Antitrust UE. Multa di 1.47 miliardi di euro. Ancora nessuna decisione su Google
L’Antitrust europeo ha deciso per il pugno duro contro il cartello delle Tv e dei monitor. Philips, LG Electronics, Samsung ed altre tre aziende sono state accusate di fare cartello e di aver fissato i prezzi di Tv e monitor a tubo catodico per un decennio.  sanzionate dall’Antitrust UE. La multa è da record: 1.47 miliardi di euro in tutto. La commissione europea ha comminato la sanzione più alta, pari a 313.4 milioni di euro, alla danese Philips. LG Electronics ha ricevuto la seconda sanzione per entità:  295.6 milioni di euro.

L’authority ha poi sanzionato Panasonic per 157.5 milioni di euro, Samsung SDI per 150.8 milioni di euro, Toshiba per 28 milioni di euro e la francese Technicolor per altri 38.6 milioni di euro. Sono state comminate multe miniori anche a due joint venture di Panasonic. La taiwanese Chunghwa Picture Tubes aveva dato la “soffiata” sul cartello di TV e dei monitor computer, evitando così la multa.

Secondo l’Antitrust UE erano stati messi illecitamente in piedi due cartelli, uno sulle TV ed uno sui monitor per computer che operavano a livello globale nella decade fra il 1996 e il 2006, periodo durante il quale i manager fissavano i prezzi e dividevano le quote di mercato ai “green meetings”, cosiddetti perché terminavano con immancabili partiti a golf.

Questi cartelli per i tubi a raggio catodico sono ‘cartelli da manuale‘: racchiudono tutte le peggiori caratteristiche dei comportamenti anti-competitivi, rigoramente proibiti per le aziende che fanno business in Europa,” ha stignatizzato in una nota il commissario alla competizione UE, Joaquin Almunia.
Almunia ha spiegato che le violazioni hanno arrecato danno ai consumatori visto che gli svhermi di questa tipologia detenevano dal 50 al 70% del prezzo dei monitor Pc. Da anni sono stati sostituiti da tecnologie più avanzate come gli schermi Liquid-crystal display (LCD), display al plasma e organic light-emitting diodes (OLED).

I regolatori Antitrust non hanno invece ancora preso nessuna decisione in merito a Google. Lo ha affermato il commissario Antitrust Joaquim Almunia, spiegando che i colloqui continuano.

giovedì 9 agosto 2012

Ferrovie dello Stato, multa di 300mila euro per ostacolo ad Arenaways

Una multa da 300 milioni di euro per avere ostacolato l’accesso di un concorrente. E’ questa la decisione dell’Antitrust, secondo cui le Ferrovie dello Stato hanno tentato di ostacolare l’ingresso di Arenaways sul mercato del trasporto ferroviario passeggeri. L’Autorità, che ha deciso di comminare sanzioni per 300mila euro, ha diffidato il gruppo dal mettere in atto in futuro comportamenti analoghi, che mettono a rischio ogni tentativo di apertura del mercato. Una cifra che tuttavia, secondo il presidente del Codacons Carlo Rienzi, ”appare del tutto iniqua e sproporzionata in difetto rispetto al reale danno subito dagli utenti”.

L’abuso è stato commesso tra il 2009 e il 2010, al momento dell’entrata in vigore della normativa finalizzata a contemperare le esigenze di liberalizzazione del trasporto ferroviario passeggeri e il mantenimento dell’equilibrio economico dei contratti di servizio stipulati per la prestazione dei servizi sussidiati. E il primo provvedimento emanato in materia dal regolatore è stata la decisione dell’Ursf (l’Ufficio per la Regolazione dei Servizi Ferroviari istituito per gestire i rapporti tra il gestore della rete e le imprese ferroviarie) di negare ad Arenaways le fermate intermedie, perchè avrebbero compromesso l’equilibrio dei contratti di servizio.

Secondo quanto ricostruito dagli uffici dell’Antitrust, l’obiettivo di impedire l’attività di Arenaways sulla tratta Torino-Milano è stato realizzato dal gruppo Fs mediante una serie di azioni delle proprie controllate. In particolare Rfi, società che gestisce la rete ferroviaria, ha adottato comportamenti dilatori rispetto alla richiesta di assegnazione delle tracce avanzata da Arenaways, che hanno portato a un ritardo di oltre 18 mesi nel consentire l’accesso a un’infrastruttura essenziale. Le tracce richieste per la prima volta nell’aprile 2008 sono state ottenute da Arenaways solo a novembre 2010, peraltro senza fermate intermedie, sulla base della decisione dell’Ursf. Per questa infrazione l’Autorità ha sanzionato le società Ferrovie dello Stato e Rfi per 100mila euro.

Le società diffondono una nota dove si legge: “Trenitalia e RFI confermano la piena correttezza del proprio operato e formulano la più ampia riserva di valutazione del provvedimento, ivi inclusa l’iniziativa di ricorso”.

martedì 12 ottobre 2010

“Non rinunciare al piacere della tavola! Kilocal nel mirino Antitrust


“Non rinunciare al piacere della tavola! Kilocal, preso dopo un pasto abbondante, riduce le calorie e sgonfia la pancia”. 

Questo messaggio  pubblicitario è  stato  ritenuto ingannevole dall’Antitrust che ha condannato la società Pool Pharma a pagare una multa di 200 mila euro. 

L’aspetto paradossale della storia è che per due anni milioni di italiani hanno visto spot e ascoltato messaggi di un integratore alimentare spacciato come dimagrante, ma solo poche migliaia sanno di essere stati ingannati. 

La notizia della condanna infatti è stata ripresa da 4-5 siti internet, qualche blog e dall’agenzia stampa Help-consumatori.

I direttori delle riviste, dei programmi televisivi e dei quotidiani che in due anni hanno mandato  in onda 8.975 spot (332 in Rai, 744 in Mediaset, 1188 a La 7 e 6711 su tv private),377 annunci radio e oltre 200 pagine su quotidiani e riviste  come La Stampa , Il Giornale,  Gente, Gioia, non hanno ritenuto opportuno informare i lettori e gli ascoltatori. Vergogna! 

Il motivo di questa censura è probabilmente collegato ai lauti contratti pubblicitari  firmati in passato dagli editori con  Pool Pharma e a quelli che verranno siglati nei prossimi mesi. Questi rapporti commerciali probabilmente favoriscono una politica di riguardo nei confronti della società per cui è meglio non  dire  ai propri lettori e ascoltatori che Kilocal non è un dimagrante come dice, ma un semplice integratore alimentare. Possiamo anche ipotizzare che il successo di Kilocal sia basato sulle bugie, ma questo non va detto.  

L’affermazione può sembrare  sconveniente ma  basta sfogliare le sentenze contro Kilocal degli ultimi anni per rendersi conto che dal 2002 ad oggi  il prodotto ha collezionato 4 censure per motivi analoghi.
Nel 2002 l’Antitrust condanna  lo slogan in cui si diceva che“basta una pillola: di  Kilokal per sconfiggere il grasso”.
Nel 2003 Kilokal  nuova  censura dell’Antitrust perché l’integratore veniva descritto come “la compressa del dopopasto”, che ha la proprietà di eliminare le calorie in eccesso prima che si depositino sotto forma di grassi “.
Nel 2004 Il Giurì dell’Autodisciplina Pubblicitaria ritiene ingannevoli le parole  di uno spot  che invitava  gli ascoltatori a  “Non rinunciare al piacere della tavola, Kilokal preso dopo i pasti… riduce le calorie”.
Nonostante l’esistenza di un curriculum così ricco  e interessante, il mondo dei media ha bucato la notizia. La fragilità di una categoria professionale si misura anche da questi piccoli aspetti.

Roberto La Pira

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Il parere dell’avvocato 

Migliaia di passaggi, in radio e TV: “Non rinunciare al piacere della tavola! Kilocal, preso dopo un pasto abbondante, riduce le calorie e sgonfia la pancia. Kilocal, meno grassi, meno zuccheri. Kilocal, da PoolPharma in farmacia”.

E poi comunicati stampa, a seguire il sito web che celebrava “le compresse del dopo pasto per concedersi qualche peccato di gola”. “KILOCAL 2 compresse dopo i pasti RIDUCE LE CALORIE … 1 compressa – calorie”. Queste pastiglie miracolose non sono vendute al circo né al negozio degli scherzi, si noti bene, ma in farmacia.

Messaggi inaccettabili che l’Autorità garante per la concorrenza e il mercato (Agcm) ha analizzato con scrupolo, nel corso di una lunga istruttoria in cui la difesa di PoolPharma è giunta ad affermare – per mezzo di uno specialista in Gastroenterologia, endoscopia digestiva e scienza dell’alimentazione – che la sinergia delle azioni svolte dai principi nutrizionali contenuti in Kilocal può … “rendere la dieta meno gravosa psicologicamente”.

Ma non si tratta né di una pastiglia miracolosa, né di uno psicofarmaco o una droga: più semplicemente, un integratore alimentare. Incredibile vero?
La segnalazione è stata inviata all’Antitrust sia dai consumatori sia  dalla società Aboca: perché questi comportamenti danneggiano tutti, a partire dalle imprese che lavorano con serietà e impegno nel settore erboristico e degli integratori, applicando rigorosi protocolli anche per quanto attiene alle modalità di comunicazione.

La questione “Kilocal” tra l’altro non è nuova. Già nel 2004 aveva richiamato l’attenzione del Gran Giurì dello IAP (Istituto di autodisciplina pubblicitaria) che aveva sottolineato la necessità di non presentare questo tipo di prodotti come “escamotage per lasciarsi andare all’edonismo alimentare”.
L’Agcm ha a sua volta sottolineato che “in tutti i messaggi si lascia intendere, sia attraverso affermazione esplicite che con l’ausilio di immagini di pietanze particolarmente caloriche, che anche senza sottoporsi a restrizioni alimentari e in caso di eccessi alimentari il prodotto consenta di per sé di contrastare l’assorbimento di grassi e zuccheri in modo certo, inducendo, pertanto, i destinatari a comportamenti alimentari che si possono rivelare scorretti, come messo in rilievo dallo stesso ministero della Salute.”

La  sentenza ricorda che trattandosi di un semplice integratore alimentare “il prodotto ….. può svolgere funzione di mero coadiuvante nel controllo del peso, attività che, oltretutto, può essere esplicata solo utilizzando lo stesso in abbinamento ad una dieta ipocalorica e conducendo uno stile di vita sano che includa attività fisica. Pertanto, risulta priva di fondamento l’indicazione che compare nei messaggi volta a correlare l’impiego del prodotto ad una riduzione di calorie, lasciando intendere che si tratti di un effetto certo e sistematico conseguente all’assunzione di ogni compressa”. Il consumatore può essere indotto a fare una scelta con aspettative erronee circa l’efficacia e il risultati del prodotto.

Dario Dongo


mercoledì 15 ottobre 2008

L'Antitrust ha multato per 1,1 milioni di euro l'Enel Energia

L'Antitrust ha multato per 1,1 milioni di euro l'Enel Energia per «pratiche commerciali scorrette» nel passaggio di clienti domestici dal mercato vincolato a quello libero e «nell'acquisizione di clienti sul mercato del gas, mediante l'attivazione di forniture di energia elettrica e/o di gas non richieste» e, ancora, per aver «ostacolato l'esercizio del diritto di ripensamento». 

Lo si legge in una nota del Garante che spiega come siano, inoltre, state «adottate anche procedure di marketing aggressive e dichiarate ingannevoli le campagne pubblicitarie "Bioraria" e "Vantaggio 5+1". Multa di 100 mila euro anche a Enel spa, ritenuta responsabile in qualità di committente degli spot televisivi.

Secondo l'Antitrust, Enel Energia ha messo in atto pratiche commerciali scorrette nel passaggio di clienti in regime di cosiddetta "Maggior Tutela al Mercato Libero dell'energia elettrica" e nell'attivazione non richiesta di una fornitura di gas naturale. La società ha messo in atto pratiche commerciali aggressive attivando forniture di luce e gas non richieste, esigendone, in alcuni casi, il pagamento, imponendo ostacoli all'esercizio del diritto di ripensamento e adottando procedure di marketing aggressive.

Enel Energia, inoltre, per le offerte commerciali riguardanti entrambi i servizi di fornitura di elettricità e gas, ha fornito ai consumatori indicazioni non rispondenti al vero, inesatte, incomplete. Enel Energia ha anche omesso di fornire, attraverso i canali di vendita (call center e agenti) notizie rilevanti sull'attività svolta, le condizioni di mercato e di fruibilità delle offerte, le modalità di conclusione del contratto.

L'istruttoria era stata avviata il 21 febbraio 2008, dopo che numerosi consumatori avevano segnalato di aver contestato alla società Enel Energia l'attivazione di forniture di energia elettrica e/o di gas, da essi mai richieste o rispetto alle quali era stato tempestivamente esercitato, senza successo, il diritto di ripensamento o il diritto di recesso.